lunedì 22 ottobre 2018

Piccoli equivoci senza importanza



Come sono curiose le cose. È una tua frase, ma anche in quello che sto per scrivere c'entri tu. Stamattina ero uscito tardi, non avevo voglia di fare quel che avrei dovuto fare, ovvero la raccomandata alla compagnia telefonica per la disattivazione, dopo una quarantina d'anni, della linea su cui sono corsi miliardi di parole anche mie, e qualcuna perfino tua, per fare diventare quel numero un “numero ormai”, anche questa è una tua locuzione.
E allora sono andato da Crobart a far stampare le copie di due carte d'identità e di un certificato del comune, e questa cosa mi ha messo una grande tristezza. Così andando verso la posta centrale mi sono fermato agli Specchi, e come sempre ho dato un'occhiata ai giornali, e su “Repubblica” ho visto che c'era l'annuncio di un tuo inedito, o meglio di un inedito che non era proprio un inedito, insomma quella storia del Capitano Nemo di cui si era parlato tante volte, avevi tutto il paginone della cultura in tuo onore. E allora ho posato il giornale e pagato il caffé, lo avrei comprato all'edicola e letto con calma alla sera, poi sono andato alla posta. Era tanto tempo che non spedivo una raccomandata con ricevuta di ritorno, non sapevo dove cercare i moduli, ho vagato qua e là tra i funghi con le rastrelliere dei moduli di versamento, dei vaglia, di questo e di quello, poi ho finalmente trovato il fungo giusto, e quando ho preso il modulo giusto abbassando lo sguardo ho visto che c'era una copia di “Repubblica”, fresca fresca nuova nuova, posata in modo che se ne vedesse la metà inferiore e quindi col richiamo sul tuo inedito in bella vista. Mi sono guardato attorno, se ci fosse qualcuno che se ne fosse dimenticato, ma non c'era, o forse era andato via. Un giornale dimenticato alle poste, sembra uno degli oggetti incongrui che pullulavano nei tuoi racconti. E io ero lì, per chiedere la cessazione della linea telefonica su cui mi avevi chiamato per la prima volta, e aveva risposto mia madre perché io ero in redazione, quasi una trentina di anni fa. Ora non c'è più la redazione, mia madre è ridiventata la bella bambina bionda che era da piccola, tu chissà dove sei. E mi fai di questi scherzi, mi mandi questi saluti dalla tua lontananza, mi aiuti a credere che non tutto finisca quando tutto finisce. Così quando ho preso la copia del giornale abbandonato e me la sono messa in tasca ho pensato che anche questo fosse un piccolo equivoco senza importanza.

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